martedì 9 aprile 2013

Capezzolo anestetico

Sulle prime l'esperimento sembrò riuscito: piegai il gomito e partì Bach, chiusi in sequenza, velocemente, le palpebre, e sentii cantare i Bee Gees. Mi accorsi che qualcosa doveva essere andato storto quando mi mossi.
Il link l'avevo trovato su fb, un annoiato click mi aveva teletrasportato nella realtà di un laboratorio virtuale-spaziale dove gli occhi estroflessi del professor Arkaputtana mi avevano dato il benvenuto sul sito di un esperimento. La curiosità aveva avuto la meglio. La prassi, per partecipare senza correre alcun rischio, sembrava semplice. Per prima cosa scrissi una mail, in cui fornivo i miei dati personali e specificavo se avessi voluto la 'Nanotecnologia in offerta con risvolti rivoluzionari limitati per l'ascolto sottocutaneo di musica alternativa' o il 'Pacchetto Carta Oro, Nanotecnologia con risvolti rivoluzionari illimitati per l'ascolto sottocutaneo di musica da hit list'. Per questione di scetticismo e budget, scelsi la prima. Così, versai euro 4.99 su un conto con diciassette numeri, spedii la scansione della ricevuta e aspettai la risposta.
Alle 21 della sera dopo mi feci trovare all'ingresso di un edificio abbandonato nelle campagne della città vicina. Come da istruzioni, puntualissimo, arrivò un furgone. Ne scese un tipo magro, vestito di scuro, la faccia verde come un gambo di sedano. L'uomo si limitò a farmi un cenno, senza parlare, e io lo seguii all'interno del rudere, scavalcando una finestra rotta. Poi, lo vidi puntare la pila davanti a sè, fare non meno di cinque passi e imboccare una ripida scala scricchiolante, oltre una porta che ricordava l'entrata di una bettola. Lo seguii. Arrivati sul fondo, un clic illuminò una stanza scura, sporca, odorosa di muffa, bicarbonato e vino.
Una bionda alta almeno due metri, tre quarti solo di gambe, spuntò in quel momento dal punto più buio di tutta la stanza, spingendo una lavatrice appoggiata su quattro ruote cigolanti. Indossava un vestitino corto, a quadri bianchi e rossi come una dozzinale tovaglia da osteria, e calzava due zoccoli olandesi. L'impianto mi venne mostrato aprendo un piccolo nido di stagnola: era un seme luccicante, grosso come la lacrima di un chicco di riso. Poi la bionda parcheggiò la lavatrice al centro della stanza, girò la manopola del lavaggio e, come schiacciò il pulsante dell'accensione, invece di veder partire il cestello, il cubo di lamiera si aprì come un fiore dai petali rettangolari, sdoppiandosi tante volte quant'era necessario per dare vita a un laboratorio da viaggio. Rimasi impressionato. Non tanto per l'inaspettata natura di una lavatrice neanche poi così di ultima generazione, ma per la bionda, che, dopo essersi tolta la tovaglia di dosso, rimasta nuda, coprendo con la stessa una barella al centro del laboratorio, mi fece sdraiare e mi mise un capezzolo in bocca. Un'anestesia così, neanche su Xvideo l'avevo mai vista. Dovetti cadere addormentato in un vortice di eccitante piacere, perchè quando mi svegliai mi sentii duro e frastornato. Avevo riaperto gli occhi nella luce della stessa stanza, ma non sentivo più l'odore che mi aveva accolto, al suo posto un acre fetore di fregatura. Cercai di scendere dalla barella e mi resi conto di essere sdraiato a terra. Cercai la bionda e il tipo magro e mi accorsi di essere solo. Mi mossi e sentii Bach e i Bee Gees. Come mi rialzai in piedi, partì la sigla di Goldrake. Feci due passi e mi martellò i timpani: 'Il pranzo è servito'. Mi piegai e 'La Lambada' mi sconquassò l'ombelico. Rimasi pietrificato, ormai sicuro che, dell'esperimento, qualcosa fosse andato storto. Ma fu quando infilai una mano in tasca per cercare le chiavi della macchina e al loro posto trovai un biglietto, che la mia erezione precipitò del tutto. Subito dopo, quando lessi: 'Arkaputtana! Un altro impianto andato male', partì la musica del tg di Studio Aperto, e quando la mia incredulità finì di leggere: 'Mica come la tua macchina. Quella, va benissimo!', nella mia testa risuonò la pubblicità della nuova Golf che mi ero appena comprato, e il suo maledettissimo: "People are people", dei Depeche Mode, mi colpì in pieno, direttamente nella bocca dello stomaco.

Buona giornata a tutti

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