martedì 15 ottobre 2013

Eredità di cioccolato

Ruppe i gusci sulla costa della terrina e lasciò cadere le uova nella conca di vetro.  Le addolcì con una pioggia di zucchero. Prese Il lungo cucchiaio di legno, cugino di un antico mestolo di famiglia, e sbattè uova e zucchero con elegante vigore, finchè questi ultimi non furono così gonfi da credersi spuma. 
Il cacao amaro e polveroso lo setacciò con cura. 
I dadi di burro, morbidi e grassi, li guardò affondare. 
Rimescolò e sbattè. 
Imbiancò l'impasto con una nevicata di farina. 
Ricioccolò il pallore. 
Allattò di poco il composto. 
Il carbonato acido di sodio, per aiutare il corpo scuro a lievitare, lo aggiunse solo per ultimo. 
Poi diede un'ultima girata, accompagnò con dolcezza il rigurgito del travaso, fu felice per la gravidanza della sua vecchia tortiera, aprì il forno a centottanta e...
10 minuti. 20 minuti. 30 minuti.

Annusò il fantasma di profumo che si aggirava nella cucina dei suoi 40 anni sentendosi cuocere dentro da un nostalgico sorriso. Ubbidì al campanello di fine cottura quando gli effluvi della ricetta di sua madre avevano ormai invaso ogni ventricolo della stanza e, come aprì la bocca del forno e afferrò la tortiera rovente con una rigida presina all'uncinetto un pò bruciacchiata, sentì la porta di casa aprirsi e quel: "Mamma..." di suo figlio di ritorno da scuola.

Buona settimana a tutti

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