venerdì 22 maggio 2015

A

Sei stato tutta la notte con me.
Ho disegnato tra le lenzuola la geometria del mio cuore, annusato l'umidità del tuo respiro. Abbiamo riso, camminato, sbirciato sul fondo di una rupe, giocato a nascondino, saltato al di là di un rumore, corso verso l'ombra di una forma.
È stato lì che mi hai baciata. Sotto il cappello di una silenziosa roccia bianca.

Buona giornata a tutti.

martedì 12 maggio 2015

Una giornata qualunque

La vista sul mare è una porzione d'acqua più dolce del nostro lago profondo, salato di quotidiano.
- Vedrai, andrà tutto bene.
Paole. Ma, chi, decide per chi?
Una federa stropicciata, un linoleum lucido, due letti singoli, la bacheca magica di una camera d'ospedale.
- Perlomeno, sono stati puntuali.
Sicuro, come il destino, mi piacerebbe ribattere.
Adesso è di sotto, tra ferri disinfettati e sporche barzellette da sala operatoria. Così, facciamo due passi: nel corridoio, sul pianerottolo, attraverso una ragnatela di altri destini.
Lì, fuori dal reparto, incrocio il led luminoso dell'ascensore. È piantato sul numero 1.
Uno, come l'indice del mio dito quando pigio il bottone di discesa e l'ascensore risale; o quando il polpastrello conferma la risalita e mi si apre in faccia la porta sul piano di partenza?
E va bene. Continuiamo ad aspettare. A immaginare cosa succede in quella sala disinfettata. A sperare che questa fitta che mi sta lacerando dentro, sia la prima doglia di un travaglio che aiuta a partorire piccole speranze.

Buona giornata a tutti.

venerdì 13 marzo 2015

L'inquilina

Quando vedo qualcuno voltarsi di scatto, non resisto: a mia volta mi giro a spiare.

Successe qualcosa del genere il giorno in cui scoprii il segreto della mia vicina.
La signorina Letizia, anziana, riservata, ambasciatrice di uno scialle candido, non mi aveva mai dato l'impressione di nascondere qualcosa.
In effetti, uno strano rumore era fiorito dal bulbo del suo appartamento ormai da qualche settimana, ma quello che sulle prime definii un lieve e appena udibile ticchettio - sorto un mattino mentre mi trovavo seduta con il naso nella tazzina di un caffè bollente, fissando la parete della mia cucina domandandomi con quale vano della sua vita confinassi - ben presto si era trasformato in una sequenza cadenzata, quasi piacevole, facendomi sorridere come stessi ascoltando un buffo concertino di nacchere; anche se nulla, e dico nulla, di così particolare da farmi sospettare quello che di lì a poco avrei scoperto. 

Di quella donna sapevo ben poco, lo stretto necessario: vedova, senza figli, inquilina di quello stabile dai tempi della sua inaugurazione a metà degli anni quaranta, gentile e riservata; di una riservatezza profumata, invitante, suadente.
Pensare che se quella sera non ci fossimo quasi scontrate sul pianerottolo per combinazione, quel suo voltarsi di scatto per buttare un'occhiata attraverso la ferita aperta dell'uscio dimenticato scostato, non mi avrebbe mai catturata.
In fin dei conti, il suo nome, Letizia Lorenzi, era da sempre solo un elegante e sottile tratto scuro, appena inclinato, in corsivo, inciso sullo scudo luccicante di una targhetta d'ottone. Sempre lustra, quella sua toppa di riverberi, in cui talvolta, passandoci davanti, avvicinavo il volto per divertirmi con l'immagine del mio naso deformato. Era una lente, quella mandorla luminosa. L'illustrazone di una cartolina di realtà con gli stessi angoli smussati che si possono trovare nelle fiabe.

- Sa, mi sarebbe tanto piaciuto avere un nipotino - sentii dire un giorno alla signora Letizia. Stava parlando con il signor Carlo, un vecchietto dignitoso, sempre per mano a magri sacchetti di spesa. I due, erano al centro del pianerottolo, un disimpegno esagonale con quattro porte - tre, gli usci dei nostri appartamenti. L'uomo, le aveva risposto con un sorriso, inclinando appena la fronte per guardarla al di sopra della montatura delle sue rinunce, e lei, stringendosi appena sotto alla gola il bianco dello scialle, lo aveva ringraziato con un: - Ma su, venga un'altra volta a bere una tazza di tè! Ho ancora qualcuno di quei biscottini...

In effetti, fu solo una rapida occhiata quella che diedi all'interno dell'appartamento, prima che la gentilezza della signora Letizia tornasse a nascondersi dietro al vecchio uscio di legno scuro. Ma tanto bastò per chiedermi se il mio naso, questa volta, si fosse avvicinato un po' troppo allo spioncino di un'illusione.
Perché ciò che vidi fu un corridoio, una bugia di ottone a sorreggere il frutto luminoso di una candela, un piccolo bancone di legno addossato a una parete e due figure: una, quella di un dignitoso vecchietto, in piedi, di profilo, gli occhiali sulla punta del naso, un piccolo martello e uno scalpello tra le mani, e l'altra, quella di un burattino, di legno, seduto sul bancone, un cappellino di carta e un corto grembiulino, un lungo naso a punta e un battito di nacchere di quelle che immaginai sarebbero presto diventate le mani di un bambino.

Buona giornata a tutti

sabato 21 febbraio 2015

Il dottor Dolore

Gli studi medici li aveva già visitati tutti. I sintomi le erano sembrati così chiari ed evidenti da aspettarsi una diagnosi precoce. E invece niente. Sembrava che nessuno ci capisse qualcosa.
Era passata dal Professor Demetrio di via Adige, stimato otorinolaringoiatra sulla sessantina, capelli bianchi e camice grigio.
Da un certo dottor Colombo, cardiologo, un ometto con svolazzi da studente fuori corso e segreteria incapsulata in una supposta di profumo e messa in piega.
Dalla dottoressa Anita Antolomei Varesotta, allergologa, un porta occhiali di donna con catena di plastica d'oro ancorata alle astine di una montatura  abbronzata.
Fino a quando era arrivata a conoscere a fondo quel dottor Dolore, ematologo, lo studio strozzato nei citofoni d'ottone di due palazzi antichi, l'entrata oltre un cortile verde di pietre muschiate e solitarie kèntie, un breve porticato, tre scalini, la porta di un favoloso legno pregiato. Il portiere, un ometto cinese che masticava indicazioni e gengive: - Ascensole lotto. Due rampe di scale. Odore di marmo e omelette al Camambert e prosciutto cotto di cervo, velluti di silenzio, alte vetrate su grondaie di rame.
Era stato lì che, finalmente, spiegando nel dettaglio i sintomi a quella figura seria, possente, tacita e inevitabile, le era stato consigliato un esame mirato. E quando la settimana dopo era tornata, porgendo gli incartamenti a quel Dolore grande e sicuro attraverso il ponte di una scrivania ingombra di scritti, la voce di un'implacabile sentenza: - È come sospettavo. Ormai non c'è più nulla da fare. Si rassegni: è condannata. Vede questo valore fuori scala di: Caparbia a vantaggio di Pensieri e Parole? Lei soffre di una malattia autoimmune. Legga: Gruppo sanguigno: Inchiostro Rh positivo. Mi dispiace, notorietà o anonimato, per trovare appena un po' di sollievo dalla sua forma di ossessione, può solo continuare la sua esistenza sotto il giogo dello scrivere storie. 

Buon week end a tutti.

mercoledì 4 febbraio 2015

Filosofia delle noccioline

Tutte le volte cadevo con lo sguardo là.
Continuavo a sentire le mie amiche ripetere: - Gli uomini ragionano con quello... - e sotto di quello mi aspettavo di veder gonfiare intelligenti testicoli di pensieri, come se prima o poi potessi incontrare qualcuno a cui sarebbero spuntate interessanti vignette dei Peanuts.

Buona giornata a tutti

martedì 20 gennaio 2015

Companatico del mattino

Senza un minimo di buon senso e dignità, siamo solo corpi che mangiano, bevono, cagano e aspettano la morte.

Buona giornata a tutti

sabato 10 gennaio 2015

La mia Parigi

Sono di nuovo qui, come ogni giorno. Seduta vicino a quattro finestre affacciate su lunghe collane di onde appena slacciate dal collo di un orizzonte gonfio di nubi. Distanti, da questo profumo di pesto e dal vivace brusio di forchette e grissini.
Il mio tavolino è sempre rotondo; io e la mia giacca, altre due forme di fronte. Sopra di me, un soffitto alto, di legno, così possente e distante da nascondere qualsiasi frattura di fondo.
A cosa stai pensando? mi domando, fissando per un unico secondo la porta. Al sipario di una sorpresa? O al bambino che dietro alle tue spalle sta brucando insalata come un capretto appena svezzato, intento ad assaggiare il mondo?
Mi dico: - Chi potrebbe mai raggiungerci in questa piccola scatola di umanità mollemente impegnata ad ascoltare un'unica voce: la propria pancia?
Soprassalto, quando qualcuno spara dal niente: - Gnocchi o ravioli?
Poi torno a fissare la porta.
Oltre al ripiano di un tavolino.
Oltre a una Parigi di quotidiani, astratta Tour Eiffel di immagini e carta.

Buon week end a tutti.