giovedì 31 ottobre 2013

The day after

- Non servo più! - gridò la zucca alla carota - Tutto quel divertimento per niente!
- Suvvia... - cercò di consolarla la rossa.
- Basta! Troppo dolore: la faccio finita!
La carota guardò la zucca buttarsi di testa dal bordo del muro d'acciaio. Stette un pò lì, in bilico, a pensare: in fin dei conti, una sola notte di follie non vuol dir niente; in fin dei conti, un destino, da qualche parte, ci aspetta sempre; in fin dei conti, lo scopo di ognuno, non dovrebbe forse non farsi distrarre dall'ordinarietà di un intervallo?
Alla fine la carota guardò verso il fondo di quello che non avrebbe mai potuto evitare. Anche se persuasa da motivazioni diverse, seguì la zucca e... minestra fu.

Buon week end a tutti

Panchina con vista

Si metta a verbale: In data odierna, 4 novembre 2013, alle ore 7.25, il Sig. Guardone Girolamo, trovandosi a passare per la via panoramica in direzione della collina, vedeva il Sig. Tamislao Wrstonovic scaricare dal suo furgone Mercedes Oro Lusso, ai piedi della panchina nº17 con vista panoramica sul golfo, nº1 lavandino in ceramica doppia vasca con casalinga acclusa, nº1 bidet con prostituta in vestaglia e nº5 ombrelli con impugnatura maschile. Tenendo presente gli ultimi sette cambi di società del Wrstonovic, il mancato smaltimento corretto dei rifiuti solidi ingombranti, il mancato pagamento della tassa sui rifiuti solidi ingombranti e i prezzi concorrenziali per le opere murarie grazie al risparmio del dovuto mai versato al centro di smaltimento, non avendo, il Wrstonovic, alcun tipo di proprietà a suo nome o sede lavorativa registrata, visto l'ammontare di euro 2597, 25 di sanzione al netto, dopo aver dichiarato di essere impossibilitato al pagamento della stessa, viene bypassato. L'ufficio di competenza per il recupero del dovuto, quindi, commissionerà alla Tistano e fratelli la stampa e la distribuzione di nº5000 volantini con foto segnaletica, così che, a partire da oggi, e per un periodo di tempo pari a sei mesi, lo stesso ufficio potrà rivalersi per l'intero ammontare del dovuto su tutti i nuovi ed eventuali committenti.

Buona settimana a tutti

martedì 29 ottobre 2013

Perversioni di coppia

Non era di certo il letto nel quale era sdraiato, ad inquietarlo: il cuscino di piuma era morbido, le lenzuola pulite, le coperte del peso giusto; come, d'altronde, innocua gli era apparsa da subito la stanza: linda e sobria, di dimensioni perfette per accogliere le due piazze con le quali avrebbe trascorso la notte.
Ad agitarlo, una volta sotto le coltri, era stata l'attesa, e l'inaspettato senso di vertigine che l'aveva colto.
Accettando la proposta dei padroni di casa, aveva sorriso, in dubbio se crederli matti o solo pittorescamente eccentrici. Andrea, suo collega d'ufficio, durante la settimana era una sorta di manichino pallido, al guinzaglio di cravatte anonime, mentre Betta, la moglie, un'infermiera subissata da turni che il collega non ricordava mai, perché da ricordare, secondo lui, c'era solo quella continua non presenza e il filtro di luce capace di riportarla a casa: una finestra spalancata sulla domenica sera.
Per il resto, quei due, gli erano sempre sembrati normali: mediocramente partecipi, ipocritamente sinceri e falsamente disinteressati.
Poi, quella loro proposta, in apparenza stravagante ma innocua, fonte alternativa di guadagno e adrenalina. 
Anche se adesso che era lì, così tranquillo non era più, circondato com'era dal silenzio e dalla polverosa corrente in risalita che si scontrava con la rotondità della sua testa, passando oltre solo dopo essersi fatta un circuito di ciocche tra i capelli, in attesa, come gli avevano spiegato, dell'inquilino delle due e mezza, di ritorno da uno dei suoi turni in fabbrica. Aveva dovuto accettare di essere legato, per maggior sicurezza- queste le parole di Betta - dopo aver scavalcato con la nuca il bordo superiore del materasso; come di lasciarsi rimboccare le coperte fin sotto alla gola - sale una corrente da ammalarsi - rimanendo con il collo senza un appoggio, appena in tensione.
Era stato Andrea a spegnere la luce prima di uscire dalla stanza, rassicurandolo che tutto sarebbe andato meravigliosamente bene: il chiarore dell'ascensore in risalita lo avrebbe illuminato il tempo necessario alla buona riuscita del gioco. Perché secondo il collega e la moglie, il brivido durante quel passaggio sarebbe stato così intenso e sublime da non avere paragoni, talmente unico che, per essere ricordato con altrettanta intensità, avrebbe necessitato di concentrazione e metodo, trasformando l'esperienza in un attimo di godimento assoluto, per alcuni aspetti - percezioni mai provate, come ferite inferte dalla punta del Koh-I-Noor - al di là di ogni possibile coito.
Eppure, adesso che si sentiva mummificato dal puzzolente dubbio che la parte più interessante del gioco fosse lui, la testiera del letto, sostituita da un'intera parete mancante, oltre la quale la sua stupidità protendeva nel vuoto, occupando il vano ascensore entro cui un ignaro inquilino avrebbe raggiunto a fine turno un letto inscatolato nella sicurezza di un matrimonio ordinario, gli provocò un brivido mai percepito e di certo meno intenso di quello che lo assalì appena un paio di minuti dopo.
Quando sentì, quattro piani più in basso, la ghigliottina di due porte scorrevoli aprirsi e richiudersi, mentre si ripeteva che forse, per davvero, avrebbe provato qualcosa di unico, anche se per il momento non riusciva a smettere di seguire con una certa apprensione l'immagine di un nodoso dito sporco di grasso nell'atto di pigiare il bottone del settimo piano.

Buona settimana a tutti

venerdì 25 ottobre 2013

Bombe

Dopo tanto, finalmente, c'ero riuscito. Se sulle prime il progetto mi era sembrato semplice, alla fine, per perfezionarlo, avevo avuto bisogno di sei mesi. Ma adesso che ne ero venuto a capo, niente sarebbe mai stato più come prima: mia madre avrebbe smesso di chiudermi e mio fratello avrebbe finito con quelle sue prese in giro.
- Coglione... - era il complimento più gentile che gli scappava tutte le volte che apriva il mio armadio, mentre adesso, il coglione, sarebbe stato lui.
- Ripeti un pò come hai fatto?
- Semplice: è bastato fare una piccola modifica a una normalissima 'Bomba anti disordini'.
- E poi?
- E poi piazzarla su un ripiano dell'armadio.
- E quindi?
- Innescarla... Attenzione, però! è fondamentale tarare la carica implosiva secondo gli indumenti da trattare.
- In che senso?
- Intendo: jeans e felpe sono di un tessuto più pesante, mentre camicie, slip e calzini sono piu leggeri. Se non vuoi ridurre tutto in stracci, dividi almeno la piu grossa. È meglio preparare mucchi della stessa famiglia...
- Non ti costerebbe meno portarla in una lavanderia cinese?
- Naaa... la mia bomba è roba seria; ben studiata; ben calibrata. Dà retta a me: una bella montagna, che so?, di magliette, anche pazzescamente stropicciate, su un ripiano qualsiasi, piazzi la bomba nel mezzo, tari la potenza su t-shirt, inneschi, ti allontani di un paio di passi e... tempo trenta secondi, assisti al miracolo.
- Tutte piegate?
- Non solo! Tutte piegate e impilate!
- Forte... E adesso?
- Niente... Sto pensando a un dispositivo per risucchiare la polvere.
- Risucchiare la polvere?  Ma, già che ci sei, non potresti pensare a un aggeggio che risucchi qualcos'altro?
- E no, fratellino!  Pensavo lo sapessi: per fare quello è molto meglio andare dalla figlia di quelli della lavanderia cinese...

Buon week end a tutti

domenica 20 ottobre 2013

La bambina con il pesce rosso

Lungo la strada passava sempre una bambina con un pesce rosso intrappolato nella trasparenza del sacchetto che teneva in mano.
Passava tutte le sere, verso le sette, le spalle strette in uno striminzito golfettino di lana blu; camminando piano, calpestando la pietra di lose che, a lungo andare, le avrebbe bucato le suole.
A darle il pesce, era stato suo nonno.
- Questo pesce è rosso come un fiore - le aveva detto, porgendole il regalo. 
E a quel pesce, la bambina, si era subito affezionata, cominciando a portarlo in giro ogni giorno.
A vedere gli alberi.
- Guarda che belli, ma non vanno bene per te: le loro foglie non sono gocce d'acqua.
A vedere il cielo.
- Guarda che bello, ma non va bene per te: il suo azzurro è troppo asciutto.
A vedere il mare.
- Guarda che bello, ma non va bene per te: il suo sale è veleno.
E così la bambina aveva continuato a guardare il suo pesce, immerso dietro alla trasparenza di quelle bellezze inadatte alla sua natura, sospeso nello spazio di un piccolo sacchetto in attesa di chissá quale destino.
Finché un pomeriggio, sulla via del ritorno, camminando a testa bassa per riflettere sul piccolo peso che ormai si portava sempre appresso, la bambina andò a sbattere contro qualcosa e il sacchetto le scappo di mano.
Alzò la testa di scatto, spaventata, sicura che per colpa del guizzo di quello scontro avrebbe visto morire nell'agonia di una terribile pozza d'aria il suo amato pesce rosso. Quando si accorse che di fronte a lei c'era un bambino, le spalle strette nella lana blu di uno striminzito maglione, tra le braccia una boccia di vetro piena d'acqua ma ancora senza un pesce.

Buona settimana a tutti

venerdì 18 ottobre 2013

Incontri ravvicinati del quarto tipo

Quando l'astronave S65K1, proveniente dalla cintura 2 del pianeta blu situato sulla rotta 7 della galassia dei sogni, si preparò ad atterrare, i quattro amici ultranovantenni, seduti al tavolino d'angolo, ci diedero sotto a sgomitare.

Ginetto: - Le dieci: puntualissima!
Giacomo detto Bauscia: - Questa settimana è già la quarta.
Leonardo tre gambe: - La quinta...
Costantino Napoli: - Esagerati...

Il portellone a vetri dell'astronave si era aperto perforando di mistero l'immobile atmosfera terrena.
Attraverso la trasparenza di quel rettangolo era apparso un corpo sinuoso e candido, che il presidio dei vecchietti, rappresentanti della razza umana in attesa dalle ore 5.00 di quella mattina, stava aspettando, i bottoni sui capezzoli così turgidi da stendere qualsiasi cataratta avanzata.
Un carrello a due piani aveva poi brillato per un lungo secondo nelle loro pupille, accecandoli come il riverbero di una coppia di vassoi appena stagnati.

Ginetto: - A chi tocca?
Giacomo detto Bauscia: - A me...
Leonardo tre gambe: - Guarda che a quella piace il bastone...
Costantino Napoli: - ...e tu hai solo il catetere.

I passi della nuova venuta avevano impennato la loro pressione.

Ginetto: - Stavolta ci siamo.
Giacomo detto Bauscia: - Adesso vi faccio vedere io...
Leonardo tre gambe: - Attento a non scivolare.
Costantino Napoli: - E te, a non inciampare.

Ma quando la figura aveva finito di avanzare e spandere fruscii come il fiore di carta di un lontano pianeta mai profanato, arrivata in prossimità del loro tavolino, l'atmosfera dell'Ospizio Mimosa era stata colpita dalla solita meteora: - Signori, da bravi: è l'ora della medicina.

Buon week end a tutti

martedì 15 ottobre 2013

Eredità di cioccolato

Ruppe i gusci sulla costa della terrina e lasciò cadere le uova nella conca di vetro.  Le addolcì con una pioggia di zucchero. Prese Il lungo cucchiaio di legno, cugino di un antico mestolo di famiglia, e sbattè uova e zucchero con elegante vigore, finchè questi ultimi non furono così gonfi da credersi spuma. 
Il cacao amaro e polveroso lo setacciò con cura. 
I dadi di burro, morbidi e grassi, li guardò affondare. 
Rimescolò e sbattè. 
Imbiancò l'impasto con una nevicata di farina. 
Ricioccolò il pallore. 
Allattò di poco il composto. 
Il carbonato acido di sodio, per aiutare il corpo scuro a lievitare, lo aggiunse solo per ultimo. 
Poi diede un'ultima girata, accompagnò con dolcezza il rigurgito del travaso, fu felice per la gravidanza della sua vecchia tortiera, aprì il forno a centottanta e...
10 minuti. 20 minuti. 30 minuti.

Annusò il fantasma di profumo che si aggirava nella cucina dei suoi 40 anni sentendosi cuocere dentro da un nostalgico sorriso. Ubbidì al campanello di fine cottura quando gli effluvi della ricetta di sua madre avevano ormai invaso ogni ventricolo della stanza e, come aprì la bocca del forno e afferrò la tortiera rovente con una rigida presina all'uncinetto un pò bruciacchiata, sentì la porta di casa aprirsi e quel: "Mamma..." di suo figlio di ritorno da scuola.

Buona settimana a tutti

lunedì 14 ottobre 2013

Qualcuno che parte

Qualcuno che parte è un colpo di vento che stropiccia le ciglia.
Qualcuno che parte è un biglietto del treno senza posti a sedere.
Qualcuno che parte è abbandono e rinascita, fine di un capitolo e lettera di un capolinea maiuscolo.
Qualcuno che parte è sempre un sospiro, una parola, un occhio intravisto nel pozzo delle emozioni.
Qualcuno che parte può essere un figlio, che conosci; ma sarà uno sconosciuto colui che ritorna, anche se avevi visto lui, quel giorno, partire.

Buona settimana a tutti

venerdì 11 ottobre 2013

Principe Azzurro

- Zia, ma allora lo zio Claudio è il tuo Principe Azzurro?
- Una specie... Quand'ero piccola come te, lo immaginavo più alto e più biondo, con gli occhi azzurri e non marroncini, con il sorriso Pepsodent e non del colore delle castagne; ma è il mio Principe lo stesso, mi va bene così.
- Zia, ma è venuto a prenderti con il suo cavallo bianco, la prima volta che l'hai incontrato?
- Non proprio: la sua macchina, sotto il cofano, ne aveva ben 120, di cavalli!
- Wow! Ed è la stessa che ha anche  adesso? Quella che sembra una vasca da bagno?
- Sì.
- E come fa a farli stare tutti lì dentro, i cavalli?
- Lo sai che zio è amico di Stivi il meccanico.
- E cosa fanno i meccanici ai cavalli? Li restringono come fa mamma con le maglie che mette in lavatrice?
- Dobbiamo chiederglielo.
- Zia, ma se lo zio è il tuo Principe, perchè la tua casa non è come il castello dove abiterò io da grande?
- I sogni costano, piccola, e lo zio guadagna poco. E così mi devo accontentare di un bilocale.
- Ah no! Io, quando sarò come te, sposerò un Principe molto ricco, che mi porterà in un castello gigantesco tutto suo. Se vuoi, zia, poi t'invito.
- Grazie piccola, sei davvero gentile. Ma dimmi un pò: adesso che hai iniziato la prima elementare, il tuo Principe Azzurro, chi è? Sempre lo stesso di quand'eri all'asilo?
- Sì, è Antonio.
- E quest'anno, per il tuo compleanno? Ti ha di nuovo regalato due ghiande nello Scottex coi cuori?
- No, quest'anno mi ha regalato un pacchetto di figurine delle Winx.
- Accidenti! Ma allora anche lui è un Principe povero!
- Ma zia, tanto a me non me ne importa niente delle figurine, perchè quando le voglio me le compra la mamma; guarda che Antonio è bravo e mi dà sempre un pezzo della sua focaccia.
- Attenta piccola... Anche lo zio divideva sempre la sua brioche con me, poi ha cominciato a dividere anche il conto della pizzeria.
- Ma quando sarò grande, la cucinerò io la pizza! Gigantesca! Così il mio Principe arriverà a casa con un regalo grande così!
- Oh, ne sono certa. Ma devi promettermi che se sarà un grosso peluche vinto ai baracconi, ti cercherai un altro Principe Azzurro.
- Ma zia, un peluche è un bel regalo. Se Antonio mi regala un orso gigantesco e morbido morbido, io me lo sposo.
- Ma come? Prima non mi hai detto di voler sposare un Principe molto ricco, con un castello gigantesco?
- Ma zia! Si vede proprio che non sai un bel niente! Quella è una favola. Io lo so che lo zio Claudio è un Principe così così, ma è bravo. Sai che me l'ha detto che ti vuole bene come alla sua macchina? E poi mi fa sempre ridere...
- È vero, fa ridere anche me. E gli voglio bene anch'io, come alla mia lavatrice; e poi è vero: i Principi migliori si nascondono dentro ai rospi più brutti. Cosa ne dici?
- È vero, anche Antonio ha gli occhi marroncini e quando parla sputa un pò.
- E poi, tanto, le Principesse, al giorno d'oggi, non sono mica facili da trovare...
- È vero zia, lo dice sempre anche Antonio.
- E cos'altro ti dice il tuo Antonio?
- Mi dice che quando sarà grande mi aiuterà a lavare i piatti come fa sempre lo zio Claudio con te.

Buon weekend a tutti

sabato 5 ottobre 2013

Panna blu

Una mezzaluna di cheratina parte in volo  per schiantarsi sul sorriso che sta trasmettendo il grande schermo tv. 
Risuona sugli incisivi della Parodi e Margherita, 6 anni, decisa a diventare primo chef di un raffinato ristorante vegetariano per Puffi, si rivolge a sua madre accucciata di fronte.
- Per fare la panna di soia blu, basta aggiungere 5 gocce di acqua di mare. 
Sua madre le tocca la punta destra dell'unghia dell'alluce, poi le chiede: - Ma così diventa salata... e se uno avesse bisogno di una panna più dolce?
Margherita guarda la madre dall'alto del divano su cui se ne sta seduta. 
- Facile: basta aggiungere un pò di azzurro degli occhi di papà.
La donna sorride. Margherita  sposta l'attenzione. Si mette a fissare il tronchesino pronto a divorerarle un altro spicchio di unghia. Poi chiede: - Adesso posso andare? Devo fare presto se voglio preparare una squisita torta di spaghetti vegetali...
- Ferma lì! La blocca sua madre - Ancora quattro dita e abbiamo finito.
- Ma così mi si brucia il sugo che ho lasciato sul fuoco! Si lamenta Margherita. - Cosa do poi da mangiare alla mia povera Camilla?
Sua madre le blocca il piede. 
- Mai sentito di una bambola che piange per non aver mangiato il sugo...
- Guardacche se è per questo mia figlia è allergica al latte!
- Dài Margherita... Cerca di persuaderla sua madre - Fai la brava... ancora due minutini e abbiamo finito.
Ma Margherita allarga le braccia e sospira: - Ma mamma, se mi tagli tutte le unghie che ho, poi come faccio a mettermi il tuo smalto?

Buona settimana a tutti

giovedì 3 ottobre 2013

Delitto senza colpevoli

Ci sono giorni in cui vorrei sentire qualcuno raccontare una storia. 
Sotto il suono di queste campane non succede mai niente di nuovo. Le 18. Ogni pomeriggio è scandito dal bronzo di un lento ripetersi. Mille abitanti, in questo paese di sguardi e silenzi; frazioni e campagne comprese. 
Qui, il letto dei sogni rimbocca coperte su ricci di castagne e noci. Patate. Vipere. Funghi. Peccati di cosce su cui pulirsi in velocità i piedi sporchi dal fango della noia. Negozi polverosi di Oro Saiwa  e amaretti. Mosche in volo libero su geografie di formaggi. Pietre per terra e nei muri delle case. Legna. Odore di fumo. Tubi della stufa da grattare. Manifesti mortuari che ascoltano da lontano le macchine fluire e panchine animate da una quaterna di anziani che scommettono su locandine di funerali futuri. 
Staffette di pettegolezzi, tra i percorsi quotidiani, dove vivo è solo il corto fiammifero della competizione. 
Fagioli che seccano nell'orto. Macellerie con culle di marmo per sproporzionati pezzi di carne rosa.  
E attese. Infinite. Che scorrono, cercando di scappare. Come il Tanaro. 
Perchè in questo luogo non succede mai niente di nuovo. In questa valle dove cercano di far crescere un cuore almeno sulle poche insegne rimaste, c'è qualcuno che racconta solo di un paese che muore.
Ma questa non è una storia. Questa è una pagina di nostalgia alle 18 di un mese di ottobre. Questo è il capitolo di un delitto senza colpevoli, corto e insensato, scritto dalla mano di un uomo.

Buon weekend

martedì 1 ottobre 2013

Appena quaranta tegole più in là

Abitava in via del Futuro e amava perdersi nel rosso di un orizzonte fitto di tegole e baffi di antenne così appuntite da infilarsi nel cielo.
Intorno alla sua vita, solo la piccola cornice di un abbaino. 
Aveva traslocato in quel sottotetto per riuscire a dipingere almeno una gatta: rossa, morbida, vaporosa, di misura giusta per acciambellarsi sul cuscino della sua poltrona.
Perché sapeva che quando le gatte sono in amore il loro miagolare diventa una canzone e lui aveva bisogno di quel sottofondo musicale per sostituire il disco che ascoltava tutte le sere cercando di zittire il baccano di una città capace solo di ammutolire il suo cuore.
E un gatto arrivò, una sera di primavera, passando per l'autostrada dei tetti; ma un gatto brutto e malandato, cieco da un occhio, graffiato come un'auto morsicata dal ragno di uno sfasciacarrozze. 
E, se subito lo guardò oltre i vetri, poi aprì la finestra, appoggiò una ciotola di latte sul piccolo sporto del davanzale e, sussurrando un micio micio, fece un passo indietro per lasciarlo avvicinare.

Il vecchio gatto entrò nella luce di un sottotetto odoroso di colori. Si accomodò su uno sgabello ai piedi di una tela animata dal tentativo di un timido bacio d'amore e, quando sentì uscire da un vecchio giradischi nascosto dietro alle ante di un mobile basso le prime note di una canzone, riconobbe la melodia che la sua padrona ascoltava ogni notte. Acciambellata sul cuscino della sua poltrona. 
Appena quaranta tegole più in là. 
Nella cornice di un abbaino incastrato in via del Futuro. 
Dietro a una finestra che tra non molto avrebbe spalancato i suoi vetri all'estate.

Buona settimana a tutti