domenica 24 marzo 2013

Distanze

Quando vidi spuntare il folto di una barba lunga, pensai di essere nel posto giusto.
Era da un pò che ne cercavo una, anche se la signora del secondo piano mi aveva detto che non era raccomandabile infilarsi in un vicolo di notte. Meglio andare in stazione. Certe idee, secondo lei, erano troppo rivoluzionarie.
Tutto era iniziato dal barbiere. Accompagnando mio figlio. Guardando un rasoio. Osservando una poltrona regolabile. Una mantellina. Un asciugamano di spugna. Tanti clienti profumati e ben rasati. Così mi ero spinta fin nel corridoio di quella casa abbandonata, dopo aver letto l'articolo di un quotidiano qualunque.
Dalla strada, era bastato fare pochi passi per riuscire a varcare la soglia di un ingresso pressoché inesistente, dove l'unica testimonianza di vita era stata un campanello penzolante, sulla crosta destra di un intonaco, dal cui vomito si distinguevano ancora le bisce di alcuni fili elettrici. Oltre lo stipite, un corridoio sporco, ingombro di oggetti indescrivili. Avevo dovuto dribblare promontori di cartoni disfatti, bottiglie rotte e animali secchi di escrementi; ma anche siringhe, prima di arrivare davanti a una porta soffocata da un fungo di scritte. Confine che avevo aperto con circospezione, toccando con due dita un pomolo unto e freddo, girando appena il polso verso la luce da cui ero entrata. Solo quando la ferita tra la porta e lo stipite aveva sanguinato una penombra silenziosa, avevo azzardato un passo per spingermi più avanti ed entrare, aprendo quasi del tutto quello scudo di legno, lasciando che una zaffata di cattivo odore mi premesse senza delicatezza la sua mano sul viso. Non mi ero spaventata, me l'ero aspettato. Solo dopo pochi istanti avevo cercato di intravedere il pulviscolo di una vita sconosciuta, nascosto in qualche punto indefinito della stanza: allertando i sensi, trattenendo il fiato, immobilizzandomi per un attimo nel tentativo di captare da quale angolo sarebbe resuscitato un respiro.
"Ma siamo a marzo, sicura di volerci già pensare?", mi aveva chiesto la signora del secondo piano, quando le avevo offerto solo una riga di lettere di tutta la pagina di verità che nascondevo. E il suo commento avrebbe potuto anche non essere poi così tanto sbagliato, al punto che per un attimo mi ero detta che forse avrei dovuto aspettare dicembre per infilarmi tra i volontari di un'associazione e fare la mia bella figura. E invece no. Per questo, dopo pochi passi nel ventre acido di quella stanza, con le persiane chiuse e un seghetto di sole a frastagliare di polvere l'abbandono, mi ero chinata sul dorso di quel cartone. E quando avevo intravisto il folto di una barba lunga, avevo capito di aver finalmente trovato ciò che cercavo.
Così avevo lasciato accanto a quel barbone una scatola piena di cibo. E avevo pensato a mio fratello, perso nel mondo, con il timore che in qualche angolo abbandonato e distante, un'altra barba potesse essere cresciuta folta sul volto di un uomo.

Buona serata a tutti

 

4 commenti:

  1. Quando leggo i tuoi post, sempre così ricchi di collegamenti e suggestioni, mi viene in mente Freud. Sallo :-)

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  2. sai scrivere talmente bene da lasciar senza parole...

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