lunedì 17 giugno 2013

Passi

Quante cacche di cane doveva dribblare al mattino, quando usciva di casa? Uno slalom lungo le strade di una città che non guardava mai a terra, impegnata com'era a rifulgere di presunzione. Lunedì, ne aveva contate sette. Martedì, solo cinque. Mercoledì e giovedì, oltre a quattro di dimensioni normali, un paio così grosse da valere almeno il doppio. Venerdì, solo tre. Sabato e domenica, da non aver dita a sufficienza per riuscire a contarle.
Sembrava sempre che lo aspettassero al centro di ogni marciapiede, quei noccioli di scarto così tristi da chiedersi la rielaborazione di quale marca di bocconcini fossero; ed era costretto a guardarli, se voleva evitare un buongiorno di fastidi e auguri poco ortodossi. Erano mesi che quella sfida mattuttina lo infastidiva. Settimane che il primo pensiero oltre il portone mappava i punti neri del giorno prima, perché l'enigmistica dei possibili quadretti bianchi, neanche Bartezzaghi sarebbe riuscito a incastrarla. E ogni giorno camminava con la testa bassa, salutava i mocassini del dottor Pelandroni, le nike di Massimo, i sandaletti brillantinati di caviglie molto carine, proprietà di qualcuno di cui non conosceva il nome. Forse, tutta la sua vita sarebbe andata avanti sotto l'impegno di quella stupida attenzione, ma d'altronde, era giusto che badasse ai suoi passi, opportuno che almeno al mattino facesse di tutto per evitare la solita merda.

Buona giornata a tutti

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