lunedì 24 giugno 2013

Terremoto

Pensare che la diga di case colorate che divideva la passeggiata dal centro mi era sempre sembrata la maglia di una catena indistruttibile. I suoi intonaci netti, sfumati come le schegge di vetro levigate e restituite dal mare, avevano occhi di persiane verdi e rade ciglia di balconi, saliscendi interni di scale e nicchie, cucine con consumati lavelli di marmo e camere spoglie, sopra al letto solo un crocifisso coronato da un rametto d'ulivo.
Faceva parte di una piccola cittadina di mare, quel susseguirsi di case alte pochi piani, i magazzini dei pescatori nascosti nei ventricoli a volta, bassi e poco illuminati. Dietro ai portoni di legno, rosicchiati da salsedine e sabbia sbattuta con furia nelle giornate di Maestrale, si respirava ancora il pungente odore delle acciuge sotto sale, del basilico pestato nel mortaio e di un olio così corposo da sembrare una crema per pane.
Tutte quelle abitazioni avrebbero potuto continuare a essere la collana più adatta al collo di una vita semplice e serena. Tutte.
In realtà, era ciò che mi sforzavo di continuare a credere, perché grosse crepe ormai erano apparse sui soffitti di ogni cantina. Ogni mattone si stava allontanando sempre di più da quello vicino e il terremoto della nuova, incombente situazione stava cominciando a imbiancare la testa degli inquilini con la sottile polvere grigia che precede ogni caduta.

Buona giornata a tutti

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